Quando l'intrattenimento infinito distrugge l'interiorità
- Mirko Rizzi
- 10 ago
- Tempo di lettura: 3 min

C'è un fenomeno silenzioso ma dilagante che definisce le nuove generazioni: vivono una costante ricerca di essere intrattenuti. Un attimo di vuoto, un momento di pausa, non sono più visti come opportunità, ma come minacce da colmare immediatamente. Ogni istante, ogni spazio mentale deve essere riempito da un video, da una notifica, da un'attività. In questa frenetica rincorsa, il tempo non è più una risorsa preziosa da coltivare, ma un vuoto da riempire con superficialità.
In questo vortice, si perde qualcosa di fondamentale: la riflessione interiore, la capacità di stare con sé stessi, quella noia fertile che da sempre ha generato le idee più brillanti e la creatività più autentica. Si fugge il pensiero e la riflessione, scambiando il silenzio per un difetto, e la passività per una forma di felicità.
Il Paradiso (Perduto) della Noia
La noia, un tempo considerata il terreno fertile dell'immaginazione, è oggi vista come una patologia da curare con un clic. La nostra mente, abituata a ricevere una gratificazione istantanea da ogni fonte esterna, dimentica come produrla da sé. Invece di guardare dentro, i ragazzi guardano fuori, nella speranza che l'ultimo contenuto li salvi dal confronto con la propria interiorità. La loro preziosa energia, il loro tempo non infinito, vengono investiti in una collezione di banalità, lasciando inaridire il loro giardino interiore.
Ma esiste un luogo dove questa fuga si arresta. Un luogo dove la noia, la riflessione e il silenzio tornano a essere strumenti, non nemici. Questo luogo è il teatro.
Il Teatro: La Risposta del Silenzio e del Fare
Il teatro è l'esatto contrario dell'intrattenimento passivo. Non ti dà una storia da consumare, ma ti chiede di crearla. Non ti riempie il tempo, ma ti obbliga a confrontarti con esso. Sul palcoscenico, la pausa non è un'assenza, ma un elemento drammatico carico di significato. Il silenzio non è vuoto, ma l'anticamera di un'emozione, di un'azione.
Come sosteneva Augusto Boal, il teatro non deve produrre spettatori passivi, ma "spett-attori". Deve invitare all'azione e alla partecipazione attiva, rompendo la quarta parete e il muro che separa chi guarda da chi fa.
Il teatro forza a fermarsi, a respirare, a connettersi con il proprio corpo e con il proprio ritmo interiore. È un processo che ci costringe a guardare dentro, a scoprire ciò che abbiamo da dire, anziché attendere passivamente che qualcuno ci dica cosa pensare.
Dall'Intrattenimento all'Auto-Espressione
Nel laboratorio teatrale, la noia viene re-incanalata. L'attore si confronta con il vuoto dello spazio e del tempo e, anziché riempirlo con uno stimolo esterno, è costretto a generare un'idea da sé. Questo processo non è un esercizio, ma un atto di autonomia creativa. La soddisfazione che ne deriva non è fugace come quella di un video visto per noia, ma profonda e duratura, perché nasce da un atto di vera auto-espressione.
A questo proposito, come ci ricorda il lavoro di Peter Brook, il teatro è l'arte di essere vivi nel momento presente, di rendere l'invisibile visibile. In questo spazio protetto e stimolante, il conduttore è una guida che insegna a valorizzare quel che c'è dentro e a farlo emergere.
Il teatro non si propone come un "intrattenimento migliore", ma come una forza opposta, che educa alla vitalità, all'ascolto di sé e all'uso consapevole del proprio tempo e della propria mente. Insegna che la felicità non si trova nell'essere intrattenuti, ma nel coraggio e nella bellezza di creare il proprio mondo interiore, un mattone alla volta, in un'epoca che ci vorrebbe costantemente distratti.
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