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Il talento non sa insegnare

  • Immagine del redattore: Mirko Rizzi
    Mirko Rizzi
  • 31 lug
  • Tempo di lettura: 4 min
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Il palcoscenico è un luogo magico, dove il talento brilla e le emozioni prendono forma. Ma cosa succede quando quel talento, così evidente nella performance, deve tradursi nella conduzione di un laboratorio? E cosa significa avere talento se poi non lo si coltiva? Questo articolo è per chi calca le scene e per chi conduce i laboratori teatrali, per riflettere sull'importanza della consapevolezza e del duro lavoro al di là della semplice predisposizione.


Talento Innato vs. Competenza Acquisita: Il Paradosso del "Saper Fare"

Molti di noi ammirano attori e attrici che sembrano toccati da una grazia divina: il gesto perfetto, la voce che vibra, l'emozione che traspare autentica. Questo è il talento istintivo, un dono che permette di "fare" in modo eccellente, spesso senza sforzo apparente. Ma qui sta il primo, grande paradosso: saper fare magnificamente non significa automaticamente saper spiegare quel processo in un laboratorio.


Il talento è spesso un processo intimo, quasi inconscio. Un artista può essere un genio nel portare in scena un personaggio, ma se gli chiedi "come hai fatto?", potrebbe non riuscire a decostruire il proprio processo. È come un cuoco straordinario che cucina "a occhio": il risultato è sublime, ma mettere per iscritto la ricetta, quantificando gli ingredienti e spiegando ogni passaggio, diventa un'impresa. Allo stesso modo, l'attore di talento potrebbe "sentire" un personaggio, ma non essere in grado di tradurre quel "sentire" in esercizi concreti o indicazioni replicabili per un allievo meno intuitivo.


Avere Talento Non Significa…

Andiamo più a fondo. Avere un dono naturale, seppur prezioso, non implica automaticamente una serie di altre qualità fondamentali per la crescita artistica e, soprattutto, per la conduzione efficace di un laboratorio:


  • Non significa saper decodificare e articolare il proprio processo: Il talento è spesso intuitivo. L'artista fa, e gli riesce. Ma la capacità di analizzare quel "fare", di capirne i meccanismi, di scomporlo in elementi spiegabili, è un'altra cosa. Senza questa capacità di decodifica, la trasmissione del sapere è impossibile.

  • Non significa avere pazienza o empatia pedagogica: Condurre un laboratorio significa affrontare resistenze, insicurezze, tempi di apprendimento diversi. Un performer brillante, abituato a "sentire" e fare subito, potrebbe non avere la pazienza o l'empatia necessarie per guidare chi non ha la stessa immediatezza. La frustrazione, sia del conduttore che dell'allievo, è dietro l'angolo.

  • Non significa avere conoscenza della didattica: La conduzione di un laboratorio è una scienza a sé stante. Richiede metodologie, strutturazione di un percorso, capacità di gestione del gruppo, tecniche di feedback. Un grande attore può essere completamente digiuno di queste competenze.

  • Non significa essere infallibile o avere tutte le risposte: Il mito del "maestro" onnisciente può essere un peso. Un conduttore efficace sa anche ammettere un "non lo so" e incoraggiare la ricerca autonoma, cosa che un talento puro, abituato al successo, potrebbe faticare a fare.


La Consapevolezza: Il Ponte tra Talento e Maestria

Qui arriviamo al punto cruciale per allievi e futuri conduttori: il lavoro e la consapevolezza.


Il talento, da solo, è un punto di partenza. È come avere un'auto sportiva fiammante: ti fa partire più avanti sulla griglia di partenza. Ma se non impari a guidarla, a farne manutenzione, a capire le dinamiche della strada, resterà ferma o ti porterà fuori strada. Il talento senza lavoro serve a poco.


Un attore o un'attrice può ottenere un risultato eccellente in modo istintivo, ma se non sa perché quella cosa funziona, se non ha analizzato i meccanismi, le scelte sottostanti, le tecniche che inconsapevolmente ha applicato, quel risultato diventa difficile da replicare a comando, da modulare in contesti diversi o, soprattutto, da insegnare. La consapevolezza è il ponte che trasforma l'istinto in conoscenza, l'intuizione in metodo.


Per gli allievi: Non accontentatevi di un risultato che "vi viene bene". Chiedetevi sempre: "Perché funziona? Quali elementi hanno contribuito a questo risultato? Come posso replicarlo o modificarlo consapevolmente?". Questo approccio non solo affina il vostro talento, ma vi rende artisti autonomi e resilienti.


Per i conduttori (o futuri tali): Se vi affidate solo al vostro talento istintivo, non sarete in grado di guidare gli allievi fuori dalle loro difficoltà specifiche. La consapevolezza del vostro "come" e "perché" vi permette di diagnosticare il problema, spiegarlo e fornire strumenti pratici.


Il Talento Accompagnato dal Lavoro e dalla Consapevolezza

Fortunatamente, esistono attori e attrici di talento che, oltre al loro dono naturale, si dedicano al lavoro costante: studiano, si fanno domande, interiorizzano ogni esperienza, analizzano le loro performance e cercano di capire i meccanismi profondi della loro arte. In questi casi, il talento non è più un limite, ma un enorme vantaggio. È un acceleratore che permette di assimilare più velocemente, di intuire connessioni che altri potrebbero faticare a vedere. Ma è il lavoro cosciente che trasforma quell'intuizione in conoscenza solida e condivisibile.


La vera maestria, sia essa sul palco o in aula, non risiede solo nel "fare bene", ma nel "sapere perché si fa bene" e nel saper guidare anche gli altri a comprendere quel "perché".


Chi Non Sa Fare... Conduce Meglio? Sfatare un Mito

Spesso si sente il vecchio detto: "Chi non sa fare, insegna." Nel contesto della conduzione teatrale, questo adagio è non solo riduttivo, ma fuorviante. L'atto di fare e l'atto di condurre/spiegare sono due insiemi di competenze distinte, seppur a volte intersecanti. Per fare un esempio calzante: per fare il fantino, non devi essere stato un cavallo!


Un cavallo non può insegnare a un fantino a cavalcare, per quanto eccellente possa essere nella corsa. Allo stesso modo, non è necessario essere il più grande attore di tutti i tempi per essere un conduttore di laboratorio straordinario. Anzi, a volte, un talento "troppo" istintivo può persino ostacolare la capacità di empatizzare con le difficoltà altrui.


Esiste un talento specifico per la conduzione, che è prezioso quanto quello artistico. Questo talento si manifesta nella capacità di trovare il modo adatto di spiegare bene le cose in ogni occasione e ad ogni interlocutore. Significa saper adattare il linguaggio, la metafora, l'esercizio, per sbloccare il potenziale di ogni allievo. È il talento di osservare, ascoltare, analizzare e poi sintetizzare in modo che la conoscenza diventi accessibile e applicabile. Questo è un "fare" di natura diversa, ma non per questo meno complesso o meritevole di riconoscimento.


Il talento è una scintilla, ma il fuoco si accende e si mantiene solo con la legna del lavoro, la comprensione consapevole e, per chi conduce, la capacità unica di illuminare la strada per gli altri.

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