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Dalla Teoria alla Sensibilità: La Preparazione Specifica che Richiede il Teatro per i Bambini

  • Immagine del redattore: Mirko Rizzi
    Mirko Rizzi
  • 2 ago
  • Tempo di lettura: 3 min
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Spesso si pensa che la pedagogia teatrale sia un'unica strada, valida per tutte le età. Un set di esercizi da proporre a chiunque, indipendentemente dall'esperienza e dalla maturità. 

Ma in anni di lavoro con adulti e bambini, ho capito che c'è una profonda differenza nel modo in cui l'esperienza teatrale viene vissuta e assorbita. 

Ed è proprio su questa distinzione che si misura la competenza di un conduttore.


Dall'Accademia al Laboratorio: Un Approccio che Non Si Semplifica

È un'idea diffusa, talvolta anche tra professionisti del settore, che l'approccio con i bambini consista semplicemente nel "semplificare" gli esercizi appresi nelle accademie di recitazione. 

Si parte dalla convinzione che le tecniche per adulti, ridotte alla loro essenza, possano essere applicate anche ai più giovani. 

Questa prospettiva, tuttavia, è profondamente sbagliata e non tiene conto della natura specifica dell'apprendimento infantile.


Il bambino non è un adulto in miniatura. 

Non si basa sulla riflessione astratta o sull'analisi razionale, ma vive in un costante presente fatto di gioco ed esperienza diretta. 

Per lui, un'attività è ciò che è nel momento in cui la sta vivendo. 

L'approccio, dunque, non deve essere una diluizione di metodologie complesse, ma deve nascere da una preparazione specifica e da una sensibilità che sappia riconoscere e valorizzare questa profonda differenza.


La Consapevolezza si Acquisisce, non si Spiega

Con i bambini, l'approccio che si basa sull'autoriflessione non funziona. 

L'errore più comune che vedo è proprio questo: trattare i bambini come piccoli adulti. Ma il bambino vive in un costante presente. 

Per lui, un gioco è solo un gioco e un'esperienza è semplicemente un'esperienza. Se gli chiedi di riflettere su "cosa ha sentito" durante un'attività, non saprà darti una risposta. 

La sua percezione è diretta, non mediata dal pensiero critico. Come sosteneva il grande psicologo dello sviluppo Jean Piaget: "Il gioco è il lavoro del bambino." 

E il lavoro, in questo caso, è un'esperienza diretta, non una riflessione astratta.


Il compito del conduttore, quindi, è di cambiare prospettiva. Non si tratta di fargli capire, ma di fargli vivere. 

L'obiettivo non è l'autoriflessione immediata, ma l'accompagnamento nel processo. 

Si propongono esercizi che non si basino sull'analisi, ma che immergano i bambini nell'esperienza teatrale, lasciando che il gioco faccia la sua magia.


La Magia dell'Apprendimento Inconscio

È qui che accade la magia. Vivendo l'esperienza teatrale, il bambino interiorizza le tecniche e le modalità espressive in modo del tutto naturale. 

Come affermava il pedagogista Lev Vygotskij: "Nel gioco, il bambino si comporta sempre al di sopra della sua età media, al di sopra del suo comportamento abituale; nel gioco è come se fosse una testa più alto di sé stesso." 

Questo salto evolutivo avviene in modo inconscio.


Dopo due, tre, quattro anni di laboratori, un ragazzo non si chiederà "come devo usare il corpo per esprimere questa emozione?", semplicemente lo farà. 

Usare un certo tipo di voce, muoversi in un certo modo, preferire una determinata espressività diventa naturale e automatico, come imparare a camminare o a parlare. 

Non c'è una riflessione cosciente, ma una comprensione profonda che si è sedimentata attraverso l'azione, non il pensiero.


La consapevolezza sull'uso del corpo e della voce come strumenti può arrivare più tardi, durante l'adolescenza, quando la maturità cognitiva permette una riflessione più strutturata. 

Ma se gli strumenti sono già stati acquisiti da bambini, questa fase sarà un'evoluzione semplice e priva di fatica. Avranno già il bagaglio, dovranno solo imparare a usarlo con maggiore consapevolezza.


Un Ruolo Preciso per un Futuro Semplice

Il bravo conduttore sa che il suo compito non è trasformare un bambino in un adulto, ma coltivare nel presente le basi per un futuro più ricco. 

L'obiettivo non è fargli acquisire competenze astratte, ma dotarlo di strumenti che diventeranno una seconda natura. 

In questo modo, l'apprendimento teatrale non è un'imposizione, ma un dono che i ragazzi si portano dentro, pronto per essere utilizzato con naturalezza e, un giorno, con piena consapevolezza.

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